Anche in questo caso alla tragédie è premesso un prologo di carattere celebrativo in onore di Luigi XIV, impegnato in quegli anni nella guerra contro l’Olanda; qui il sovrano non è adombrato in una figura allegorica, ma viene evocato direttamente dalle ninfe della Senna e delle Tuileries, che attendono il suo ritorno dalle vittoriose imprese militari. La tragedia prende le mosse dai festeggiamenti per le imminenti nozze di Admeto e Alceste; con uno stratagemma Licomede, re di Sciro, rapisce la sposa sulla sua nave, e fugge nel corso di una tempesta scatenata dalla sorella, la ninfa Teti. Durante la battaglia per la liberazione di Alceste, Admeto viene ferito mortalmente; Apollo annuncia che egli potrà vivere se qualcuno morirà al suo posto. È Alceste, simbolo di fedeltà coniugale, a scegliere il sacrificio, ma Alcide (Ercole), da sempre innamorato di lei, penetra nel regno dei morti per salvarla; di fronte alle sue azioni eroiche, Plutone libera la donna, riconoscendo che l’amore è più forte della morte. Nell’ultimo atto Alcide (emblema della monarchia francese, e quindi riferibile allo stesso Luigi XIV) rinuncia ai suoi sentimenti, dimostrando di saper vincere non solo la morte, ma anche le proprie passioni, e permette l’unione di Admeto e Alceste, salutata da Apollo e dalle Muse.