Lo spirito della storia breve e dello sketch da cabaret, della ‘musica d’uso’ che negli anni Venti voleva stabilire in tutta Europa un contatto con il pubblico meno demiurgico di quello consentito dalle forme operistiche tradizionali, conferisce alla rivisitazione mitologica un tono scanzonato: tra Luciano di Samosata e certe ciniche trovate da operetta di Offenbach. Arianna subisce malvolentieri le attenzioni di Teseo, mentre sua sorella Fedra lo adora venendo però ignorata dall’eroe. Le baccanti pregano allora Dioniso affinché lenisca le sofferenze delle due fanciulle. Quale miglior rimedio del vino? Dioniso offre una buona bevuta a Teseo, che ora ci vede doppio. Crede così di imbarcare entrambe le sorelle – che hanno taglia e abiti identici – sulla sua nave. Pensa di partire anche con «l’adorabile Arianna», e invece sta portando con sé solo «l’insipida Fedra». Finalmente Arianna è libera da quel corteggiatore petulante e guerrafondaio. Ha solo un ultimo favore da chiedere al potente Dioniso: lontana dalle noie degli amori mondani, il sommo dio la mandi in compagnia di Diana, che percorre il firmamento da mattina a sera. Così avviene: Arianna è trasformata in costellazione. Ora, commentano i cori dei navigatori e delle baccanti, «gli occhi degli amanti, dei magi nei loro lontani imperi e dei marinai sulle navi» vedranno la figlia di Minosse e di Pasifae brillare per sempre sulla volta stellata.