Synopsis: Les vêpres siciliennes

from Giuseppe Verdi


ATTO PRIMO
Sulla piazza di Palermo. I soldati francesi invasori cantano e bevono osservati dai siciliani: due cori si contrappongono, uno maschile, per i soldati, uno misto per la popolazione siciliana; ogni gruppo è caratterizzato con tratti melodici, ritmici e tonali contrastanti. Si avanza la duchessa Hélène, sorella di Federigo d’Austria, ucciso dai francesi: ella fa voto di vendicare il fratello. I soldati ordinano alla donna di intonare una canzone: Hélène canta un’aria articolata in quattro sezioni, costruite molto liberamente, nella quale essa esorta i siciliani, prima indirettamente e poi in modo sempre più scoperto e concitato, a ribellarsi agli invasori. In corrispondenza al culmine espressivo del brano, i siciliani sembrano avviare una sommossa, ma l’apparizione del governatore Montfort raggela gli animi e la folla si disperde. Arriva anche Henri, che non riconosce Montfort e spiega a Hélène di essere stato imprigionato e poi per oscuri motivi liberato dal governatore, contro il quale inveisce. Montfort si rivela: l’atto si conclude con il suo duetto con il giovane ribelle fedele a Federigo d’Austria, al quale offre di diventare ufficiale dell’esercito francese. Henri, inorridito, respinge con veemenza e sprezza il consiglio di Montfort di tenersi lontano da Hélène.

ATTO SECONDO
In una «ridente valle presso Palermo». Un’introduzione orchestrale suggerisce il moto di una barca; il patriota Jean Procida è infatti appena sbarcato, saluta la sua patria in un elaborato Andante in tre parti (“Et toi, Palerme”, “O tu, Palermo”), e quando arrivano i suoi seguaci li guida in una cabaletta con coro (“Dans l’ombre et le silence”, “Nell’ombra e nel silenzio”), nella quale l’episodio centrale, melodicamente spiegato, è preceduto da brevi frasi sussurrate. Procida incontra Hélène e Henri, con i quali discute sul modo per indurre i siciliani alla rivolta. Il successivo duetto fra Henri e la duchessa è in soli due movimenti, un sintetico Allegro che porta alla controllata dichiarazione del giovane, che confessa il proprio amore alla donna. Ella gli rivela di ricambiarlo, esortandolo però a vendicare suo fratello, prima di pensare all’amore. I soldati di Montfort trascinano Henri al palazzo del governatore. Inizia un vasto quadro finale: al suono di una tarantella la popolazione palermitana si accinge a celebrare il matrimonio di dodici coppie di fidanzati, ma intervengono i soldati francesi che, istigati da Procida, rapiscono le spose. I siciliani rimangono avviliti, in un silenzio rotto da brevi frasi spezzate, sul ‘ritmo di morte’ apparso all’inizio dell’ouverture. La loro rabbia, fomentata dallo scherno di Hélène e Procida, culmina in un martellante Presto, bruscamente interrotto quando da lontano si ascolta una gentile barcarola intonata dagli ufficiali e dalle dame francesi e siciliane che si recano, su una nave, al palazzo di Montfort per il ballo previsto. L’effetto, teatralissimo, è quello di una pugnalata nell’animo dei siciliani presenti, che giurano vendetta sulla ripresa del concertato, in cui il ritmo iniziale si fonde con la melodia che giunge dalla nave.

ATTO TERZO
Nel palazzo del governatore. Montfort rilegge la lettera nella quale una donna siciliana, da lui un tempo costretta a diventare sua amante, lo informa di essere padre di Henri. Il senso di vuoto che attanaglia l’esistenza di Montfort viene illuminato dal pensiero del figlio ritrovato, nell’aria “Au sein de la puissance” (“In braccio alle dovizie”), di forma molto libera e flessibile, sia nel disegno melodico sia nella struttura armonica. È poi il momento del grande duetto fra Henri e il governatore, in cui il giovane apprende di essere figlio di colui al quale ha giurato eterno odio (“Quand la bonté toujours nouvelle”, “Quando al mio seno per te parlava”). Anche il duetto non segue la forma tradizionale italiana, ma è costituito da una rapida alternanza di brani di tempo e metro differente, che seguono lo sviluppo psicologico dei rapporti fra i due personaggi. Alla fine manca una cabaletta, sostituita dalla ripresa del motivo nobile e travolgente, che nell’ouverture era affidato ai violoncelli, come secondo soggetto del brano. Nel duetto viene impiegato una prima volta da Montfort mentre Henri legge la lettera della madre, e ripreso poco più avanti, prima di essere affidato a Henri, alla fine, orchestrato in un modo diverso. Nella scena della festa è inserito il balletto Les quatre saisons (Le quattro stagioni), scritto con cura eccezionale. Henri si imbatte in Hélène e Procida, che si aggirano mascherati, e gli confidano che Montfort sarà ucciso in un attentato imminente. Henri cerca di avvertire il padre del pericolo, e lo salva facendogli scudo quando Hélène si avventa sul tiranno, armata di pugnale. I cospiratori rimangono attoniti per il tradimento di Henri: nel concertato finale, spicca la melodia accorata del cantabile all’unisono iniziato da Hélène, Danieli e Procida (“O noble patrie”, “O patria adorata”).

ATTO QUARTO
Henri medita in disparte, nei pressi della prigione in cui sono rinchiusi i cospiratori. Seguendo la struttura canonica del grand-opéra , dopo il quadro imponente in cui pubblico e privato, politica e sentimenti personali vengono messi a confronto, l’interesse verte ora sui singoli protagonisti e sul loro mondo affettivo: Henri attende Hélène, con la quale ha ottenuto un colloquio, e compiange la propria condizione (romanza strofica “O jour de peine”, “Giorno di pianto”). Hélène è furente e sprezzante nei confronti del traditore, ma nel corso del duetto (“De courroux et d’effroi”, “O sdegni miei, tacete”) Henri le rivela le ragioni del suo gesto e la sua condizione imbarazzante. L’atteggiamento della donna cambia improvvisamente, ed essa risponde a Henri perdonandolo: la sua breve romanza (“Ami... le coeur d’Hélène”, “Arrigo, ah, parli a un core”), nella quale conferma il suo amore per il giovane, costituisce la seconda parte del duetto, concluso da una cabaletta in cui gli amanti esprimono l’impossibilità del loro amore. Montfort ordina l’esecuzione immediata dei prigionieri. Anche Procida rimane costernato quando capisce che Henri è figlio del tiranno, e affronta la morte cantando compostamente il suo addio alla patria (quartetto finale “Adieu, mon pays, je succombe”, “Addio, mia patria, invendicato”). La tristezza dell’addio di Hélène (“O mon doux pays”, “Addio, mia patria amata”) ha la forma di un tema già ascoltato nell’ouverture. Un coro di monaci intona il De profundis, Henri implora a Montfort la grazia ai prigionieri, ma egli dichiara che saranno liberi solamente se Henri lo riconoscerà, chiamandolo padre di fronte a tutti. Il crescendo di tensione è alimentato dalla comparsa del boia, ma all’ultimo momento Henri non resiste e si inginocchia davanti al governatore esclamando «Mon père». Montfort grazia tutti e ordina il matrimonio fra Hélène e il figlio, che sarà celebrato ai vespri dello stesso giorno.

ATTO QUINTO
Nei ricchi giardini del palazzo di Montfort. A un coro festoso e brillante, accompagnato da arpe e nacchere, segue un virtuosistico bolero in due strofe, cantato da Hélène in abito da sposa (“Merci, jeunes amies”, “Mercé, dilette amiche”). Dopo un incontro con Henri, Hélène è raggiunta da Procida: egli le svela il piano della sommossa, che avrà inizio al suono delle campane del vespro. Hélène cerca di ribellarsi, Procida la accusa di difendere il suo sposo e di tradire gli antichi amici. Hélène rimane interdetta, non osa rivelare il complotto al sopraggiunto Henri (terzetto “Sort fatal”, “Sorte fatale”), ma cerca di mandare a monte le nozze dichiarando che lo spettro del fratello ucciso sorge a impedire il matrimonio. Giunge anche Montfort, che non crede al voltrafaccia di Hélène e unisce le mani dei promessi sposi, quando Procida dà il segnale per le campane e i siciliani irrompono in scena scagliandosi su Montfort e i francesi. Alcuni versi del libretto originale, che indicavano la sorte dei protagonisti, benché musicati nell’autografo furono poi tagliati dal compositore. Nel libretto di regìa relativo alla prima rappresentazione del 1855 si legge che, nel fulmineo finale, Henri «si schiera a fianco del padre e sguaina il suo pugnale». I siciliani indietreggiano colpiti da Montfort, Henri e dai francesi. «Hélène cade alle ginocchia del suo amante, e crede di proteggerlo con il suo corpo. Esasperato dalla vista delle prime vittime, il popolo si precipita a vendicarle. Montfort, Henri, i Cavalieri ed i Signori, dietro i quali si sono rifugiate le Dame che cadono in ginocchio, li attendono a piè fermo. Procida eccita la furia dei rivoltosi. Il sipario cala rapidamente su questo quadro...».