Synopsis: L'Orfeo

from Claudio Monteverdi


PROLOGO
La Musica introduce la vicenda presentandosi, illustrando l’argomento e chiedendo silenzio (“Dal mio Parnasso amato a voi ne vegno”).

ATTO PRIMO
I pastori si raccolgono festosi attorno a Orfeo ed Euridice, che stanno per celebrare le loro nozze (“In questo lieto e fortunato giorno”). Vengono intonate preghiere propiziatorie (“Vieni, Imeneo, deh vieni”) ed eseguite gioiose danze corali (“Lasciate i monti, lasciate le fonti”). Orfeo chiama gli astri a testimone della sua felicità (“Rosa del ciel, vita del mondo e degna”), ed Euridice gli fa eco. Poi tutti si avviano al tempio in cui si compirà il rito. Additando questa ulteriore riprova, il coro invita a non lasciarsi mai prendere dalla disperazione (“Alcun non sia che disperato in preda”).

ATTO SECONDO
Orfeo ritorna ai suoi boschi e ai suoi prati, al culmine della felicità (“Ecco pur ch’a voi ritorno”), mentre i pastori continuano a intonare lieti canti (“Mira, ch’a sé ne alletta” e “In questo prato adorno”). Lo stesso Orfeo si esibisce in una canzone strofica (“Vi ricorda, o boschi ombrosi”). Quell’atmosfera gioiosa è però turbata dai gemiti di Silvia che, provocando la costernazione generale, informa dell’improvvisa e inopinata morte di Euridice. Silvia racconta come tutto ciò sia potuto accadere (“In un fiorito prato”): mentre raccoglieva fiori, Euridice è stata morsa da un serpente, ed è spirata tra le braccia delle sue compagne invocando il nome dell’amato Orfeo. Tutti sono sconvolti: Orfeo addirittura si propone di scendere nell’oltretomba per cercare di riportare Euridice alla vita (“Tu sei morta, mia vita, ed io respiro?”). Un generale compianto accompagna la sua disperazione (“Ahi, caso acerbo, ahi, fato empio e crudele”).

ATTO TERZO
Orfeo penetra nel regno degli inferi guidato dalla Speranza (“Ecco l’atra palude, ecco il nocchiero”). Lasciato solo, Orfeo s’imbatte in Caronte, il traghettatore delle anime dei morti, che gli si para davanti impedendogli l’accesso (“Oh tu che innanzi a morte a queste rive”). Orfeo tenta vanamente d’impietosirlo (“Possente spirito e formidabil nume”): decide allora di provocarne il sonno intonando un’appropriata melodia sulla sua lira, e di utilizzarne nel frattempo l’imbarcazione per attraversare il fiume infernale (“Ahi, sventurato amante”). Il coro addita quest’azione come caso esemplare di ardimento umano (“Nulla impresa per uom si tenta invano”).

ATTO QUARTO
Giunto al cospetto delle divinità infere, Orfeo espone il suo caso. Trova una sostenitrice in Proserpina che, in nome e nel ricordo di quanto ha fatto per amor suo, prega Plutone di accontentare Orfeo. Plutone acconsente, stabilendo però che Orfeo non dovrà mai guardare Euridice prima di aver lasciato l’oltretomba. Orfeo è dapprima raggiante per il successo, e canta (“Quale onor di fia degno”), ma poi inizia a essere roso dal dubbio che Euridice lo segua davvero nel cammino di ritorno sulla terra (“Ma mentre io canto, ohimè, chi m’assicura”). Spaventato da strani rumori, si volta a controllare se Euridice è con lui, infrangendo così la clausola dettata da Plutone e perdendola per sempre (“Dove ten vai, mia vita? Ecco, io ti seguo”). Il coro sottolinea il paradosso: Orfeo, che l’aveva spuntata contro la legge di natura, non è riuscito a vincere se stesso e le sue passioni (“È la virtute un raggio”).

ATTO QUINTO
Ritornato sulla terra, Orfeo piange la sua sorte e si propone di non più innamorarsi (“Questi i campi di Tracia, e quest’è il loco”). Dal cielo scende suo padre Apollo, cercando di consolarlo e portandolo con sé in cielo (“Saliam cantando al cielo”): il coro se ne rallegra, sottolineando come il dolore sulla terra sia ripagato in cielo (“Vanne, Orfeo, felice appieno”).