Synopsis: La Vestale

von Gaspare Spontini


ATTO PRIMO
Il generale Licinius è tornato nel Foro romano, dove si sta preparando il trionfo per le sue campagne vittoriose. Tuttavia Licinius è infelice: innamorato corrisposto di Julia, ha scoperto che la ragazza è destinata a diventare una vestale (“La nuit achève sa carrière”). Raggiunto dall’amico Cinna, spiega a quest’ultimo la situazione e ne riceve una calda testimonianza di amicizia virile (“Dans le sein d’un ami fidèle”). Scambiatisi una promessa di mutuo aiuto, i due si preparano a sfidare il destino (“Quand l’amitié seconde mon courage”). Intanto il coro delle vestali, prima di dirigersi al tempio della dea, intona un inno sacro (“Fille du ciel, éternelle Vesta”, ‘inno del mattino’). Julia è turbata all’ascolto del canto, che promette un destino terribile a chi infranga i voti. La gran vestale, allora, la prende in disparte e le comunica che toccherà proprio a lei l’onore di incoronare il vincitore, mettendola in guardia dalle insidie nefande dell’amore, «monstre barbare» seduto su un trono di sangue (“L’amour est un monstre barbare”). Sconvolta, Julia assapora il momento in cui incontrerà Licinius (“Licinius, je vais donc te revoir”), mentre le compagne la richiamano al tempio. Giunge intanto il corteo del vincitore, attorniato da due ali di folla e dalle somme autorità romane, mentre Cinna guida le truppe e Julia custodisce il sacro fuoco di Vesta (“De lauriers couvrons les chemins”). Tra canti festivi avviene l’incoronazione di Licinius, che sussurra a Julia, mentre questa gli pone la corona sul capo, un appuntamento segreto per quella stessa notte nel tempio, quando verrà per rapirla. Tra i sospetti degli altri personaggi e l’oscurarsi della fiamma sull’altare (“Son ésprit tourmenté”), l’atto si conclude tra giochi, danze e cori di festa.

ATTO SECONDO
Nel tempio di Vesta le sacerdotesse recitano la preghiera serale (“Feu créateur, âme du monde”, ‘inno alla sera’), prima di affidare la custodia del fuoco sacro a Julia, cui la gran vestale consegna, con parole severe, il bastone d’oro per attizzare la fiamma. Julia si raccoglie in preghiera, rivelando alla dea la sua angoscia (“Toi que j’emplore avec effroi”). Turbata, in una sorta di delirio, corre a spalancare le porte del tempio per accogliere l’amato (“Impitoyables dieux!”). Giunge Licinius, che le offre di liberarla dalla ‘schiavitù’ e si dichiara fiducioso nella compassione degli dèi (“Les dieux prendront pitié du sort qui nous accable”). Entusiasti, i due si giurano eterna fedeltà (“Quel trouble... Quels transports... Je suis auprès de toi”). Improvvisamente, però, il sacro fuoco si spegne, lasciando la scena nell’oscurità. Nel tempio compare Cinna, che riferisce dell’imminente irrompere del popolo sdegnato per il sacrilegio e trascina con sé Licinius, mentre questi cerca invano di convincere Julia a seguirlo (“Ah! Si je te suis chère”). La ragazza sviene ed è raggiunta da vestali e sacerdoti disperati per la collera della dea (“Les dieux demandent vengeance”). Di fronte alle accuse del sommo sacerdote, Julia si dichiara pronta a morire e confessa di essere innamorata. Condannata alla pena capitale, la ragazza prega per la salvezza di Licinius (finale “Sa bouche a prononcé l’arrêt”; Julia: “O des infortunés déesse tutélaire!”). Si rifiuta tuttavia di rivelare il nome dell’amato e, spogliata degli ornamenti del culto, viene condotta al suo supplizio: sarà sepolta viva nella tomba (“De son front que la honte accable”).

ATTO TERZO
Nel ‘campo scellerato’, dove si compirà l’esecuzione, tra i macabri resti delle vestali punite prima di Julia. Licinius giura di salvare l’amata dalla condanna (“Julia va mourir!... Non, non, je vis encore”). Cinna, che frattanto ha riunito un manipolo di fedelissimi sul Quirinale, conforta l’amico e lo invita a piegare la volontà del sommo sacerdote (“Ce n’est plus le temps d’écouter”). Invano, tuttavia: lo scontro con quest’ultimo termina con la conferma della condanna (“C’est à toi de trembler”). Neanche l’intervento del capo degli aruspici vale a differire il sacrificio. Giunge allora il corteo dell’esecuzione: Giulia compare tra parenti e fanciulle, compianta da queste e dalle vestali, ma oltraggiata dal popolo (“Périsse la vestale impie”). La gran vestale si congeda commossa da lei (duetto “Adieu, mes tendres soeurs. O vous que je révère”). Quindi la moritura rivolge all’amato innominabile il suo «dernier soupir» (“Toi que je laisse sur la terre”). Si prepara intanto il rito funebre officiato dal sommo sacerdote, mentre le vestali sospendono il velo di Julia sull’altare spento, attendendo che la dea l’incenerisca con un fulmine, se vorrà perdonare la colpevole (“Vesta, nous t’implorons pour la vierge coupable”). Irrompono allora, discesi dal Quirinale, i soldati con Cinna e Licinius: quest’ultimo confessa la sua colpa e si offre al castigo divino. Julia però lo smentisce recisamente ed entra nel sotterraneo, che viene subito sbarrato dai littori. Le truppe di Licinius e i partigiani del sommo sacerdote sono pronti a scontrarsi quando «il cielo si oscura all’improvviso, il tuono mugghia con fragore; la scena resta illuminata soltanto dal bagliore dei lampi» (finale “O terreur! ô disgrace!”). Un fulmine incenerisce il velo di Julia e accende il fuoco sacro. Mentre il popolo è preso dal panico, Licinius e Cinna scendono nella tomba e portano in salvo Julia svenuta. Riconosciuto l’intervento della dea, il sommo sacerdote si ritira con le vestali. Julia è dunque libera dai suoi voti. Con un cambio di scena s’apre allora il tempio di Venere Ericina, presso il circo di Flora: sacerdoti e sacerdotesse vi accolgono i giuramenti di fedeltà dei due amanti (coro “Chants d’alégresse”; Julia e Licinius: “Sur cet autel sacré, viens recevoir ma foi”).