L’opera è suddivisa in nove parti, in ciascuna delle quali si impiega un organico differente. I. Prologo. Le voci soliste recitano passi della Cosmogonia di Esiodo, mentre altre voci soliste e il coro cantano brani in prosa tratti da Benjamin, che fungono da commento a Esiodo, a mo’ di tropo medievale. II. ‘Isola prima’. Dialogo tra il trio d’archi e i gruppi orchestrali: il testo è costituito dalla narrazione da parte di Prometeo delle proprie gesta e dal racconto di Efesto del castigo inflitto a Prometeo da Zeus. III. ‘Isola seconda’. Questa parte si suddivide a sua volta in tre momenti distinti: ‘Io-Prometeo’, sovrapposizione di parole di Io, figlia di Inachos, e di Prometeo, che profetizza le future sofferenze di Io; ‘Hölderlin’, frammento del celeberrimo Schicksalslied del poeta tedesco, cantato dal coro; lo ‘Stasimo primo’, susseguirsi di frammenti musicali di poche battute, che variano continuamente in senso dinamico e agogico. IV. Interludio primo. Pur brevissimo, è il momento culminante dell’opera. Sul testo del Maestro del gioco di Cacciari, voci soliste e strumenti disegnano un arabesco sempre «ai limiti dell’udibilità o dell’inudibilità». V. ‘Tre voci’. Prevede la sovrapposizione di tre livelli sonori, costituiti il primo da tre voci soliste, il secondo da euphonium, flauto basso, clarinetto basso e vetri, il terzo da un impercettibile sfondo sonoro degli archi; il testo comprende ancora frammenti da Il maestro del gioco . VI. ‘Terza, quarta e quinta isola’. I materiali delle tre ‘isole’, ciascuna caratterizzata da un organico vocale e strumentale differente, vengono sottoposti a processi di frantumazione; il coro esegue una ‘eco lontana’. VII. ‘Tre voci b’. Il coro, qui a cappella, intona frammenti di testi di Benjamin, mentre riaffiorano frammenti delle ‘isole’ precedenti. VIII. Interludio secondo. È un brano orchestrale che combina i suoni gravi con quelli trattati elettronicamente delle campane di vetro: sono compresenti otto indicazioni agogiche differenti. IX. Stasimo secondo. Quest’ultima parte presenta il sottotitolo A sonar e a cantar , che rimanda alla tradizione veneziana dei ‘cori battenti’, quale era praticata da Giovanni e Andrea Gabrieli nel Cinquecento. Il testo in versi di Cacciari indica l’apertura di «molteplici vie» e «molteplici silenzi»; un brano di profondo lirismo, che coinvolge l’intero organico vocale e orchestrale.