Synopsis: Tancredi

from Gioacchino Rossini


ATTO PRIMO
Anno mille: la Sicilia è teatro delle lotte tra bizantini e saraceni. Siracusa tenta di conservare la propria indipendenza, pur turbata dalle lotte delle famiglie patrizie di Argirio e Orbazzano. Il nobile Tancredi, figlio di una ricca famiglia normanna, viene cacciato dalla città, ingiustamente accusato di fedeltà alla corte di Bisanzio. Corteggiata da Tancredi e dal temuto tiranno saraceno Solamir, Amenaide, figlia di Argirio, E tornata a Siracusa dopo aver giurato il suo amore a Tancredi. Le fazioni che fanno capo a Orbazzano e Argirio giurano fedeltà alla patria nella lotta contro il saraceno Solamir. Argirio promette in sposa a Orbazzano, l’antico nemico, la propria figlia Amenaide, per rendere più salda l’unione tra i due partiti. Il gesto è anche una sfida rivolta a Solamir, che ha offerto la pace a Siracusa chiedendo in cambio Amenaide come sua sposa. La figlia di Argirio, che ha appena spedito una lettera a Tancredi, rimane sconvolta all’annuncio delle intenzioni del padre (cavatina “Come dolce all’alma mia”). Tancredi intanto sbarca con il fido Roggiero (recitativo “Oh patria, dolce e ingrata patria, alfine a te ritorno” e cavatina “Tu che accendi questo core”, con cabaletta “Di tanti palpiti”), che invia da Amenaide per informarla che un ignoto cavaliere desidera parlarle. Giungono Amenaide e Argirio: questi, appreso che Tancredi è sbarcato in Sicilia, vuole affrettare le nozze; ma la ragazza esita, e Argirio la minaccia (aria “Se ostinata ancor non cedi”). Incontra dopo poco Tancredi, che esorta a fuggire per non essere condannato (duetto “L’aura che intorno spiri”). Credendo che Amenaide gli sia infedele, Tancredi va da Argirio prima che si compiano le nozze tra lei e Orbazzano, e si offre come difensore di Siracusa. Alla vista di Tancredi, Amenaide giura che non sarà mai sposa di Orbazzano. Questi mostra la lettera di Amenaide – che tutti, Tancredi compreso, ritengono indirizzata a Solamir – nella quale la giovane invitava il destinatario a rientrare in Sicilia; Amenaide non può rivelare la verità, poiché teme di far scoprire Tancredi, e viene così condotta in carcere.

ATTO SECONDO
Orbazzano reca la sentenza del senato, che condanna a morte Amenaide. Argirio, diviso tra ragion di stato e affetto paterno, sospende il giudizio: prima vuole affrontare Solamir, creduto il seduttore di Amenaide (aria “Al campo mi chiama”). Argirio, deciso a morire con la fanciulla, si reca con Orbazzano a prelevarla nelle carceri per condurla al patibolo (aria di Amenaide “No, che il morir non è”). Si presenta l’ignoto cavaliere, che sfida Orbazzano per difendere la fanciulla. Tancredi promette ad Argirio di salvare Amenaide, la quale prega per il suo amato (aria “Giusto Dio che umile adoro”). Il giubilo del popolo annuncia la vittoria di Tancredi e l’uccisione di Orbazzano. Tancredi, che ancora nessuno ha riconosciuto, annuncia che partirà per ignota destinazione; Amenaide vuole fermarlo, ma egli la crede infedele e non sente ragioni (“Ah, che scordar non so”). Insieme al padre, Amenaide chiede a Tancredi di guidare i paladini contro i saraceni. La fanciulla svela l’identità di Tancredi, il quale si dimostra così di non essere un traditore; egli accetta infatti di sfidare i saraceni. La fortuna volge ai siracusani, che sconfiggono i saraceni; Solamir, morente, rivela la verità a proposito di Amenaide. Tancredi torna pentito dalla fanciulla, e Argirio unisce i due amanti tra l’esultanza generale.