Libretto: Maria Stuarda

von Gaetano Donizetti


Personaggi:
Maria Stuarda (Soprano)
Elisabetta (Mezzosoprano)
Roberto, Conte di Leicester (Tenore)
Giorgio Talbot (Baritono)
Lord Guglielmo Cecil (Basso)
Anna Kennedy (Alto)




ATTO PRIMO

Galleria nel Palagio di Westminster

Cavalieri e Dame che riedono dal Torneo dato in onore dall'Inviato di Francia, e si dispongono ingruppi ad incontrar la Regina

Preludio

SCENA I

No. 1 - Coro

DAME, CAVALIERI
Qui si attenda, eIl'è vicina
dalle giostre a far ritorno.
De Brettoni la Regina
è la gioia d'ogni cor.

Quanto lieto fia tal giorno
se la stringe ad alto amor.

CORTIGIANI
La Regina!

Entra Elisabetta

DAME, CAVALIERI
Si, per noi sarà più bella
d'Aiblon la pura stella
quando unita la vedremo
della Francia allo splendor.
Festeggianti ammireremo
la possanza dell'amor.


SCENA Il

No. 2 - Recitativo e Cavatina

ELISABETTA
Si, vuoi di Francia il Rege
col mio core l'Anglo trono.
Dubbiosa ancor io sono
d'accoglier l'alto invito,
ma se il bene de' fidi miei Brittanni
fa che d'Imene all'ara io m'incammini,
reggerà questa destra
della Francia e dell'Anglia ambo i destini.
da sé
Ah! quando all'ara scorgemi
un casto amor del cielo,
quando m'invita a prendere
d'Imene il roseo velo,
un altro core involami
la casa libertà!
E mentre vedo sorgere
fra noi fatal barriera,
ad altro amor sorridere
quest'anima non sa.

TALBOT
In tal giorno di contento
di Stuarda il sot lamento
la Brettagna turberà?
Sì, la Brettagna turberà?

CORTIGIANI
Grazia, grazia alla Stuarda.

ELISABETTA
Olà!
Di questo giorno il giubila
turbato io non credea.
Perché forzarmi a piangere
sul capo della rea,
sul tristo suo destin?

CECIL
Ah, dona alla scure quel capo che desta
fatali timori, discordia funesta
finanche fra' ceppi, col foco d'amor.

CORO
Grazia!

ELISABETTA
Tacete!
Non posso risolvermi ancor.

Ah! dal ciel discenda un raggio
che rischiari il mio intelletto;
forse allora in questo petto
la clemenza, la clemenza parlerà.
Ma se l'empia m'ha rapita
ogni speme al cor gradita
giorno atroce di vendetta
tardo a sorger non sarà.

CORO
Segua i moti di pietà.

CECIL
Ti rammenta, Elisabetta,
ch'è dannosa ogni pietà.


No. 3 - Scena

ELISABETTA
Fra noi perché non veggio Leicester?
Egli solo resta lontano dalla gioia comune?

CECIL
Eccolo!


SCENA III

Entra Leicester che bacia la mano ad Elisabetta

ELISABETTA
Conte! Or io dite chiedea.

LEICESTER
Deh! mi perdona
se ai tuoi cenniindugiai!
Che imponi?

ELISABETTA
si toglie un anello e lo consegna a Leicester
Prendi, reca l'anello mio
di Francia all'inviato;
ai Prence suo rieda messaggio a dir,
che già d'Imene l'invito accetto.
(E non si cangia in viso!)
a Leicester
Ma che il serto che mi offre
ricusar ancor posso,
che libera son io.
Prendilo.
(Ingrato!)

LEICESTER
con indifferenza
Obbedisco!

ELISABETTA
Addio.
Gli dà la mano a baciare, e s'allontana seguita dalle dame, da' grandi, da Lord Cecil; Talbot va per seguirla, Leicester lo prende per la mano, seco lui s'avanza sulla scena, per gli parlare di segreto


SCENA IV

LEICESTER
Hai nelle giostre, o Talbo, chiesto di me?

TALBOT
Io si.

LEICESTER
Che brami dunque?

TALBOT
Favellarti.
Ti fia tremenda e cara
ogni parola mia.
In Forteringa io fui...

LEICESTER
Che ascolto!

TALBOT
Vidi l'infelice Stuarda!

LEICESTER
Ah! più sommesso favella in queste mura!
E qual ti parve?

TALBOT
Un angelo d'amor, bella qual era,
e magnanima sempre.

LEICESTER
Oh! troppo indegna di rio destino.
E a te che disse?
Ah, parla!

TALBOT
Posso in pria ben securo
affidarmi al tuo cor?

LEICESTER
Parla; tel giuro.


No. 4 - Cavatina

TALBOT
gli dà un foglio ed un ritratto
Questa imago, questo foglio
la Stuarda a te l'invia.
Di sua man' io gli ebbi, e pria
del suo pianto li bagnò.

LEICESTER
Oh piacer!

TALBOT
Con quale affetto il tuo nome pronunziò!

LEICESTER
Oh piacere!
Ah! rimiro il bel sembiante
adorato, vagheggiato,
ei mi appare sfavillante
come il dì che mi piagò.
Parmj ancora che su quel viso
spunti languido un sorriso
ch'altra volta a me sì caro
la mia sorte incatenò.

TALBOT
Al tramonto è la sua vita,
ed alta a te cercò.

LEICESTER
Oh memorie! Oh cara imago!
Di morir per lei son pago!

TALBOT
Al tramonto è la sua vita, ecc.

LEICESTER
Ah! rimiro il bel sembiante, ecc.

TALBOT
Che risolvi?

LEICESTER
Liberarla!
O con lei spirar saprò!

TALBOT
Di Babington il periglio
non ancor ti spaventò?

LEICESTER
Ogni tema, ogni periglio
io per lei sfidar saprò!

Vuò liberarla, vuò liberarla!

Se fida tanto colei mi amò
da gli occhi il pianto le tergerò
e se pur vittima cader degg'io,
del fato mio superbo andrò.


TALBOT
Non far che gema
se all'ora estrema
se sfuggir, no, no, sfuggir non può.

Talbot Parte; Leicester si avvia alla parte opposta, e s'incontra con la Regina. Si scorgono nel di lui volto segni di agitazione


SCENA V

No. 5 - Scena e Duetto

ELISABETTA
Sei tu confuso?

LEICESTER
Io no. (Che incontro!)

ELISABETTA
Talbo teco un colloquio tenne?

LEICESTER
E ver. (Che fia?)

ELISABETTA
Sospetto ei mi divenne -
tutti colei seduce!
Ah! forse, o Conte, messaggio di Stuarda
a te, a te giungea?

LEICESTER
Sospetti invano!
Ormai di Talbo è nota la fedeltà.

ELISABETTA
Pure il tuo cor conosco;
svelami il ver - l'impongo.

LEICESTER
(Oh dei!) Regina...

ELISABETTA
Ancor me'l celi?
Intendo.
Vuol partire

LEICESTER
Ah! non partir, m'ascolta!
Deh! ti arresta!
Un foglio...

ELISABETTA
Il foglio a me.

LEICESTER
(Sorte funesta!)
Egli s'inginocchia e porge il foglio
Eccolo, al regio piede,
io lo depongo.
Ella per me ti chiede
di un colloquio il favor.

ELISABETTA
Sorgete, o Conte.
Troppo fate per lei.
Crede l'altera di sedurmi così;
ma invan lo spera.
Apre il foglio, legge rapidamente e il suo furore si cangia in stupore
Quali sensi!

LEICESTER
(Ell' è commossa!)

ELISABETTA
Ch'io discenda alla prigione.

LEICESTER
Sì, Regina.

ELISABETTA
Ov'è la possa, chi ti ambia le tre corone?

LEICESTER
Come lampo in notte bruna,
abbagliò, fuggì, spari!

ELISABETTA
Al ruotar della fortuna
tant'orgoglio impallidì.

LEICESTER
Ah, pietade! Per lei l'implora il mio core.

ELISABETTA
Ch'ella possiede - non è ver?

LEICESTER
(Quel dir m'accora!)

ELISABETTA
Nella Corte ognuno il crede.

LEICESTER
E s'inganna.

ELISABETTA
(Mentitore!)

LEICESTER
Sol pietade a lei m'unì.

ELISABETTA
(Egli l'ama! Egli l'ama!
Oh mio furor! Oh mio furor!)
E leggiadra? Parla!

LEICESTER
Si!

ELISABETTA
Si? Si? Si?

LEICESTER
Si!
Era d'amor l'immagine,
degli anni sull'aurora;
sembianza avea d'un angelo
che appare, ed innamora;
era celeste l'alma
soave il suo respir;
bella ne' dì del giubilo,
bella nel suo martir.

ELISABETTA
A te lo credo, è un angelo
se tu le dai tal vanto;
se allo squallore di un carcere
è d'ogni cor l'incanto...
Lo so che alletta ogni anima
lusinga ogni desir...
(Se tu l'adori, o perfido,
paventa il mio soffrir.)

LEICESTER
Ma... non... Regina
credo.., io...
Bella ne' dì del giubilo
bella nel suo martir.
Vieni.

ELISABETTA
(Lo chiede il barbaro.)

LEICESTER
Appaga, il mio desir.

ELISABETTA
Dove? Quando?

LEICESTER
In questo giorno
al suo carcere d'intorno
per la caccia che si appresta,
scenderai nella foresta.

ELISABETTA
Conte, il vuoi?

LEICESTER
Ten prego.

ELISABETTA
Intendo. (Alma incauta!)
A te mi arrendo.

(Sul crin la rivale la man mi stendea,
il serto reale strapparmi volea;
ma vinta l'altera divenne più fiera,
d'un core diletto privarmi tentò.
Ah! troppo mi offende, punirla saprò.)

LEICESTER
Deh! vieni, o Regina, ti mostra clemente,
vedrai la divina beltade innocente;
sorella le sei, pietade per lei,
chè l'odio nel petto assai ti parlò.

ELISABETTA
Taci, taci, taci!
Dov'è? La possa dov'è?
Di tre corone l'orgoglio dov'è?

LEICESTER
La calma le rendi, e pago sarò.
Regina, deh! vieni,
la calma le rendi,
e pago sarò, e pago sarò.

ELISABETTA
(Sul crin la rivale, ecc.

LEICESTER
Regina, ten prego.
Ah! la pace le rendi, ecc.

ELISABETTA
Ah! troppo mi offende, ecc.


ATTO SECONDO

Parco di Forteringa. Ambo i lati sono folti di alberi, il mezzo si apre in una vasta veduta che confina col mare

Maria esce correndo dal bosco. Anna la segue più lento; le guardie sono a vista degli spettatori

SCENA I

No. 6 - Scena e Cavatina

ANNA
Allenta il piè, Regina.

MARIA
E ché! Non ami ché ad insolita gioia
il seno io schiuda?
Non vedi? Il career mio è il cielo aperto.
Io lo vagheggio! Oh! cara la voluttà
che mi circonda!

ANNA
Il duolo, il duolo
sai che ti attende in quelle mura?

MARIA
Guarda: sui prati appare
odorosetta e bella
la famiglia de' fiori
e a me, si, a me sorride,
e il zeffiro, che torna
da' bei lidi di Francia,
ch'io gioisca mi dice
come alla prima gioventù felice.
O nube che lieve per l'aria ti aggiri,
tu reca il mio affetto, tu reca i sospiri
al suolo beato che un di mi nudrì.
Deh! scendi cortese, mi accogli sui vanni,
mi rendi alla Francia, m'invola agli affanni!
Ma cruda la nube pur essa fuggi
al suolo beato che un di mi nudri.

Da lontano si ode il suono di trombe

Qual suono!

CACCIATORI
da dentro
Al bosco, alla caccia!
Il cervo si affaccia
dal colle muscoso,
poi fugge scherzoso
del rivo alle sponde;
si specchia nell'onde;
correte veloci
quel cervo a ferir,
correte, ecc.

MARIA
Qual voci!

ANNA
Parmi il segno di caccia reale!

MARIA
S'avvicinano i suoni...
I destrieri...

CACCIATORI
La Regina!

MARIA
Ah! Qual nome fatale!

ANNA
La tiranna pel parco sen va.

MARIA
Nella pace del mesto riposo
vuol colpirmi di nuovo spavento.
Io la chiesi, e vederla non oso,
tal coraggio non sento!
Resti, resti sul trono adorata,
il suo sguardo da me sia lontan,
troppo, troppo, son io disprezzata;
tace in tutti per me la pietà.

ANNA
Ella giunge.
Fuggiamo, fuggiamo.

MARIA
Fuggiamo; contenersi il mio core non sa.

ANNA
Contenersi il suo core non sa, no!

MARIA
Nella pace del mesto riposo, ecc.


SCENA II

No. 7 - Scena e Duetto

Entra Leicester

MARIA
Ah! non m'inganna la gioia!
Roberto sei tu? sei tu?

LEICESTER
Qui viene chi t'adora
a spezzar le tue catene.

MARIA
Libera alfin sarò dal carcer mio?
Libera? e tua per sempre?
Appena il crede l'agitato mio cor.

LEICESTER
Qui volge il piede Elisabetta,
al suo real decoro
di pretesto è la caccia.
Ove ti mostri a lei sommessa.

MARIA
A lei sommessa?

LEICESTER
Oggi lo dei.

MARIA
Oh ciel! Che ascolto? Che ascolto?
Toglimi a vista sì funesta!
Vuoi ritrarsi

LEICESTER
Se mi ami, deh! ti arresta.

MARIA
E deggio?

LEICESTER
Tu dei sperar.

MARIA
Da tutti abbandonata,
in preda a rio dolore,
oppressa, desolata,
nulla sperar sa il core.
Fui condannata al pianto,
a sempre sospirar;
l'affetto tuo soltanto
può i mali miei calmar.

LEICESTER
No: diffidar non dei;
ella è poi grande in soglio...

MARIA
Che sperar?

LEICESTER
...restava il cor di lei
commosso dal tuo foglio...

MARIA
Che mai dici?

LEICESTER
...e su quel ciglio io vidi...

MARIA
Oh ciel!

LEICESTER
...la lagrima spuntar.

MARIA
Ah!

LEICESTER
Se m'odi, e in me t'affidi
Tutto vedrai cangiar.
E su quel ciglio, ecc.

MARIA
Che sperar?
Da tutti abbandonata, ecc.
Del suo core, del suo cor
convinta io sono!

LEICESTER
Pur pietà, pur pietà
vi alberga spesso.

MARIA
Non per chi le adombra un trono!

LEICESTER
No, tu dici? E allora io stesso,
s'ella è sorda ai prieghi tuoi
io vendetta ne farò.

MARIA
Che favelli! Che far puoi?
Per me esporti! Ah! ch'io noi vò.

LEICESTER
Ah! sì, farò.

MARIA
Ah! Se il mio cor tremò giammai
della morte al crudo aspetto,
non far sì che sia costretto
a tremare pe' tuoi di.
Solo io volli e sol cercai
di vederti e fido e grato;
per te spero che il mio stato
non sia misero così.

LEICESTER
Sì, la fè, l'onor ne impegno;
e il mio cor che t'ama il giura.
Sorgerai dalla sventura
che ogni gloria ti rapì.
E se allor non t'offro un regno,
né la destra di un sovrano
potrò offrirti almen la mano
Che le tue prigioni aprì.

MARIA
Non esporti.

LEICESTER
Il giuro sorgerai dalla sventura.

MARIA
Ah! no!

LEICESTER
Sì, la fè.

MARIA
Ah! ch'io noi vò.

LEICESTER
L'onore... ne impegno...

MARIA
Ah! non far si ch'io sia costretta
A tremar pe' giorni tuoi.

LEICESTER
Sì, la fè, l'onor ne impegno
Sorgerai dalla sventura.

MARIA
Solo io volli e sol cercai
Di vederti e fido e grato;
Per te spero che il mio stato
Non sia misero così.

LEICESTER
Ah! potrò offrirti almen la mano
Che le tue prigioni aprì.

Maria parte, Leicester va frettolosamente
all'incontro di Elisabetta che entra



SCENA III

No. 8 - Scena

ELISABETTA
Qual loco è questo?

LEICESTER
Forteringa.

ELISABETTA
Oh Conte! Dove mi scorgi?

LEICESTER
Non dubbiar;
Maria sarà in breve guidata al tuo cospetto
dal saggio Talbo.

ELISABETTA
A qual per te discendo sacrifizio!
Lo vedi?
Discosta i cacciatori
da' contigui viali;
è troppo ingombro di popolo il sentier.

Ad un cenno di Leicester si scostano i cacciatori, e i cortigiani
si radunano in vari gruppi nel fondo della scena


CECIL
ad Elisabetta
Vedi, Regina, come l'Anglia ti adora.
Ah! tu lo sai qual capo ella ti chiede.

ELISABETTA
Taci.

LEICESTER
ad Elisabetta
Deh! ti rammenta
che a dar conforto
alla dolente vita di una sorella
io ti guidai.
La mano che di squallor la cinse
al contento primier
può ridonarla.

ELISABETTA
(Io l'abborro!
Ei non fa che rammentarla.)

Entra Maria condotta da Talbot ed Anna


SCENA IV

TALBOT
Vieni.

MARIA
Deh! mi lascia.
Al mio asil mi riconduci.

ELISABETTA, LEICESTER, CECIL, TALBOT
Eccola.

MARIA
ad Anna
Oh Dio!


No. 9 - Sestetto

ELISABETTA
E sempre la stessa -
superba, orgogliosa;
coll'alma fastosa
m'ispira furor;
ma tace; sta oppressa
da giusto terror.

MARIA
Sul viso sta impressa
di quella tiranna
la truce condanna,
il fiero livor.
Quest'anima è oppressa
da crudo timor.

TALBOT
Almeno tacesse
nel seno reale
quell'ira fatale
quel cieco furore
che barbaro oppresse
un giglio d'amor.

ANNA
Nell'anima ho impressa
la tema funesta.
Oh! quale si appresta
cimento a quel cor!
Ciel! salva l'oppressa
da nuovo, da nuovo rancor.

LEICESTER
La misera ha impressiin
volto gli affanni,
nè gli astri tiranni
si placano ancor.
Salvarla potessi
da tanto dolor.

CECIL
Vendetta repressa scoppiare già sento,
nel fiero cimento mi palpita il cor.
Fia vittima oppressa di eterno dolor.

ELISABETTA
Coll'alma fastosa, ecc.

MARIA
Sul viso sta impressa, ecc.

TALBOT
Almeno tacesse, ecc.


No. 10 - Dialogo delle due Regine

LEICESTER
ad Elisabetta
Deh! l'accogli.

ELISABETTA
a Leicester
Sfuggirla vorrei.

TALBOT
a Maria
Non sostarti.

MARIA
a Talbot
L'abisso ho vicino.

ELISABETTA
a Leicester
Troppo altera.

LEICESTER
ad Elisabetta
Da un crudo destino
avvilita dinanzi ti sta.

MARIA
va ritrosa ad inginocchiarsi innanzi ad Elisabetta
Morta al mondo, e morta al trono,
al tuo piè son io prostrata.
Solo imploro il tuo perdono:
non mostrarti inesorata.
Ah! sorella, ornai ti basti,
quanto oltraggio a me recasti!
Deh! solleva un'infelice
che riposa sul tuo cor.

CECIL
ad Elisabetta
Non dar fè, te ne scongiuro,
a quel labbro mentitor.

ELISABETTA
A Maria
No, quel loco a te si addice;
nella polvere e il rossor.

MARIA
(Sofferenza.)
ad Elisabetta
E a me si fiera
chi ti rende?

ELISABETTA
Chi? Tu stessa;
l'alma tua, quell'alma altera,
vile, iniqua...

MARIA
(E il soffrirò? e il soffrirò?)

ELISABETTA
Va, lo chiedi, o sciagurata,
al tuo talamo tradito,
ed all'ombra invendicata
di quel misero marito;
al tuo braccio, all'empio core
che tra' vezzi dell'amore
sol delitti e tradimenti,
solo insidie macchinò,
sol delitti macchinò.

MARIA
Ah! Roberto!
Più resistere non so.

LEICESTER
Oh Dio! che tenti?

CECIL
ad Elisabetta
Ah! non dar fè, te ne scongiuro,
A quel labbro mentitor.

LEICESTER
a Maria
Chiama in sen la tua costanza:
Qualche speme ancor ti avanza.
Non ti costi onore o vita
una grazia a te impartita,
un favor che al nostro affetto
tante volte il ciel negò.

ELISABETTA
Quali accenti al mio cospetto!
Parla, o Conte.

LEICESTER
E che dirò?

ELISABETTA
Ov'è mai di amor l'incanto,
e quel volto amabil tanto?
Se a lodarlo ognun si accese
a favori un premio rese;
ma sul capo di Stuarda
Onta eterna ripiombò.

MARIA
Ah che sento!
Più resistere non so.
Ah! Roberto!
Più resistere non so.

LEICESTER
Oh Dio, ti frena!

MARIA
Quale insulto!
O ria beffarda!

ELISABETTA
a Maria
Quali accenti! Trema, trema!

ANNA, LEICESTER, TALBOT
a Maria
Che favelli! Taci, deh! taci!

CECIL
a Maria
Trema, trema!

MARIA
Ah! no...

Figlia impura di Bolena,
parli tu di disonore?
Meretrice indegna e oscena,
in te cada il mio rossore.
Profanato è il soglio inglese,
vil bastarda, dal tuo piè!

ELISABETTA
Guardie, olà!

Entrano i soldati

ANNA, LEICESTER, TALBOT
Quali accenti! Ella delira!
Giusto ciel! Perduta ell'è

CECIL, CORTIGIANI
Quali accenti! Ella delira!
Speme più per lei non v'è.


No. 11 - Stretta e finale

ELISABETTA
a Maria
Va, preparati, furente,
a soffrir l'estremo fato;
sul tuo capo abbominato
la vergogna spargerò.
alle guardie
Trascinate la furente
che se stessa condannò.

CECIL
Dell'audace il ciel possente
la vendetta omai segnò.

ANNA, TALBOT
Quali accenti! Sventurata!
Tu offendesti Elisabetta!
Forse, ah, forse la vendetta
all'offesa destinò (preparò).

MARIA
Grazie, o cielo! Alfin respiro.
Dai miei sguardi ell'è fuggita.
Al mio piè restò avvilita,
la sua luce si oscurò.

LEICESTER
Ah! ti perdo, o sconsigliata,
quando salva ti bramai.
Quando fido a te tornai
il destin si fulminò.

CORTIGIANI
Del supplizio l'onta estrema
la Regina a te serbò.
Taci, vieni, trema, trema,
ogni speme si ecclissò.

Taci, vieni, incauta, trema, ecc.

TALBOT
a Leicester
Leicester vieni,
non ti senta Elisabetta.

MARIA, LEICESTER
Addio! Per sempre!

ANNA
Deh taci! Ah, vieni!

ELISABETTA
alle guardie
Ola! ... Trascinatela!

Le guardie si avanzano per trascinare Maria

ELISABETTA
a Maria
Nella scure che ti aspetta
troverai la mia vendetta.
alle guardie
Trascinate la furente
che se stessa condannò.

MARIA
Vedendosi circondata dalle guardie, ripiglia con
entusiasmo crescente

Or guidatemi alla morte:
sfiderò l'estrema sorte.
Di trionfo un sol momento
ogni affanno compensò.

LEICESTER
Ah! ti perdo sconsigliata, ecc.
Quando fido a te tornai
il destin ci fulminò.
Per sempre ci lasciò.

ANNA, TALBOT
Quali accenti! Sventurata! ecc.
Ah! qual dai tormento
a chi salva ti bramò

CORTIGIANI
Del supplizio l'onta estrema, ecc.

CECIL
Dell'audace il Ciel possente
la vendetta omai segnò.


ATTO TERZO

SCENA I

Galleria nel Palagio di Westminster

La Regina sedendo ad un tavolino sul quale è un foglio, e Cecil in piedi


No. 12 - Duettino

CECIL
E pensi? e tardi?
e vive chi ti sprezzò?
Chi contra te ragunò Europa tutta,
e la tua stessa vita minacciò tante volte?

ELISABETTA
Alla tua voce sento piombarmi in core
tutto il potere del mio deriso onore.
Ma - o Dio! - chi m'assicura da ingiuste accuse?

CECIL
Il cielo, la devota Albione e il mondo intero,
ove la fama de' tuoi pregi suona
e del cor di Stuarda e dei delitti,
e dell'ingiurie a te recate...

ELISABETTA
Ah! taci.
Oltraggiata son io.
Come l'altera, come godea del suo trionfo!
Quai sguardi a me lanciava!
Ah! mio fedele, io voglio pace,
ed ella a me l'invola.

CECIL
Né di turbarti ancora
cessa se vive.

ELISABETTA
Ho risoluto.
Muoia.
Prende la penna per segnare il foglio; poi si arresta indecisa e si alza

Quella vita, quella vita a me funesta
io troncar, ah! sì, vorrei.
Ma la mano il cor s'arresta,
copre un vel i pensier miei.
Veder l'empia, udirla parmi,
atterrirmi, spaventarmi,
e la speme della calma
minacciosa a me involar.
Ah! giusto ciel! tu reggi un'alma
facil tanto a dubitar.

CECIL
Ah! perché così improvviso
agitato è il tuo pensiero?
Non temer che sia diviso
mai da te l'onor primiero.
Degli accenti proferiti,
degli oltraggi non puniti,
ogni Inglese in questi istanti
ti vorrebbe vendicar.
Segna il foglio, che i regnanti
tel sapranno perdonar.


SCENA II

No. 13 - Terzetto

ELISABETTA
Si.
Elisabetta è incerta; vedendo Leicester che entra,
segna rapidamente il foglio e lo dà a Cecil


LEICESTER
Regina!

ELISABETTA
A lei s'affretti il supplizio.

LEICESTER
Oh ciel, qual detti!
vedendo il foglio
Forse quella...

CECIL
La sentenza.

LEICESTER
La sentenza?

ELISABETTA
Sì, la sentenza, o traditor.
Io son paga!

LEICESTER
E l'innocenza tu condanni!

ELISABETTA
E parli ancor?

LEICESTER
Ah! deh! per pietà sospendi
l'estremo colpo almeno;
ai prieghi miei t'arrendi,
o scaglialo al mio seno
Niuno ti può costringere,
libero è il tuo volere.

CECIL
piano ad Elisabetta
Non ascoltar l'indegno,
or che già salva sei.

ELISABETTA
Vana è la tua preghiera,
son ferma in tal consiglio.
Nel fin di quell'altera
è il fin del mio periglio.
Dal sangue suo più libero
risorge il mio poter.

LEICESTER
Ah! pietà! Ah! Regina!
Niuno ti può costringere, ecc.

CECIL
Ah! per chi t'ardeva il Regno
più palpitar non dei.
Il di che all'empia è l'ultimo,
di pace è il dì primier.

LEICESTER
D'una sorella, o barbara,
la morte hai tu segnato!

ELISABETTA
E spettator ti voglio
dell'ultimo suo fato:
dovrà perir l'amante
dopo il fatale istante
che il bellico metallo
tre volte scoppierà.

LEICESTER
E vuoi ch'io vegga?

ELISABETTA
Taciti, taciti.

LEICESTER
E vuoi?

ELISABETTA
Taciti.
E morta ogni pietà.

LEICESTER
Regina! Regina!

ELISABETTA
Vanne, indegno; t'appare sul volto
il terror che in tuo seno ti piomba.
Al tuo affetto prepara la tomba,
quando spenta Stuarda sarà.

LEICESTER
Vado, vado, ti leggo sul volto
che deliri, che avvampi di sdegno.
Un amico, conforto e sostegno
dal mio core la misera sarà.

ELISABETTA
Vanne, indegno!
Al tuo affetto prepara la tomba, ecc.

CECIL
Ah, Regina, ah, serena il tuo volto
alla pace, alle glorie già torni;
questo, ah! questo il più bello dei giorni
pel tuo soglio, per Anglia sarà.


SCENA III

No. 14 - Scena

Appartamento della prigione di Maria Stuarda nel
Castello di Forteringa


MARIA
La perfida insultarmi anche volea
nel mio sepolcro,
e l'onta su lei ricadde.
Oh vile! E non son io la figlia de' Tudori?
Ma Leicester......
forse l'ira della tiranna a lui sovrasta.
Ah, son di tutti la sventura io sola!

Entrano Cecil colla sentenza e Talbot


SCENA IV

MARIA
Che vuoi?

CECIL
Di triste incarco io vengo esecutor.
Ê questo il foglio che de' tuoi giorni omai
l'ultimo segna.

MARIA
Così nell'Inghilterra vien giudicata una Regina?
Oh iniqui!
E i finti scritti

CECIL
Il regno...

MARIA
Basta.

CECIL
Ma...

MARIA
Or basta. Vanne.
Talbot rimanti.

CECIL
Brami un nostro Ministro che ti guidi
nel cammino di morte?

MARIA
Io lo ricuso.
Sarò qual fui, straniera a voi di rito.

CECIL
partendo
(Ancor superba e fiera!)


SCENA V

No. 15 - Gran Scena e Duetto della confessione

MARIA
O mio buon Talbot!

TALBOT
lo chiesi grazia ad Elisabetta di vederti
pria dell'ora di sangue.

MARIA
Ah! si, conforta,
togli quest'alma all'abbandono estremo.

TALBOT
Eppur con fermo aspetto quell'avviso feral
da te fu accolto.

MARIA
Oh Talbot! il cor non mi leggesti in volto?
Egli tremava.
E Leicester?

TALBOT
Debba venirne spettator
del tuo destino;
la Regina l'impone.

MARIA
Oh l'infelice!
A qual serbato fia doloroso castigo!
E la tiranna esulterà.
Ne ancora, ancora piomba l'ultrice folgore.

TALBOT
Deh! taci.

MARIA
Tolta alla Scozia, al trono,
ed al mio culto, presso colei
volli un asil di pace,
ed un carcer trovai.

TALBOT
Che favelli?
Non ti concesse Iddio sollievo a' mali?

MARIA
Ah no, Talbot, giammai.
Delle mie colpe lo squallido fantasma
fra il cielo e me
sempre, sempre si pone,
e i sonni agli estinti rompendo,
dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d'Arrigo.
Talbot, la vedi tu?
Del giovin Rizzio ecco l'esangue spoglia?

TALBOT
Si apre il manto e comparisce in veste
sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto


Ah, riconforta lo smarrito pensier.
Già t'avvicini ai secoli immortali.
Al ceppo reca puro il tuo cor
d'ogni terreno affetto.

MARIA
Si, per lavar miei falli
misto col sangue scorrerà il mio pianto;
ascolta; io vuò deporli
a piè di questa croce!

TALBOT
Spera!

MARIA
Ah, dal cielo scende la tua voce!
Quando di luce rosea
il giorno a me splendea,
quando fra lieti immagini
quest'anima godea,
amor mi fè colpevole,
m'aprì l'abisso amor.
Al dolce suo sorridere
odiava il mio consorte;
Arrigo! Arrigo! ahi! misero,
per me soggiacque a morte,
ma la sua voce lugubre
mi piomba in mezzo al cor,
in mezzo al cor, ah!
Ombra adorata, ah! placati,
nel seri la morte io sento.
Ti bastin le mie lagrime,
ti basti il mio tormento.

TALBOT
Ah! da Dio perdono, o misera,
implorerò per te, per te.

MARIA
Perdona a' lunghi gemiti
e prega il ciel per me.

TALBOT
Un'altra colpa a piangere
ancor ti resta.

MARIA
Ahi! quale?

TALBOT
Unita eri a Babington?

MARIA
Ah! taci: fu error fatale!

TALBOT
Pensa ben che un Dio possente
è de' falli punitore,
che al suo sguardo onniveggente
mal s'asconde un falso core.

MARIA
No! giammai sottrarsi al cielo
si potrebbe il mio pensiero;
ah, pur troppo un denso velo
ha fin'or coperto il vero.
Sì, morendo il giura un core,
che da Dio chiede pietà.
Lo giuro a Dio! lo giuro a Dio!

TALBOT
Il perdono del Signore
sul tuo capo scende già.

MARIA
Sì ...si.

TALBOT
Lascia contenta al carcere
quest'affannos a vita,
andrai conversa in angelo
al Dio consolator.
E nel più puro giubilo
l'anima tua rapita,
si scorderà de' palpiti
ch'hanno agitato il cor.

MARIA
Or che morente è il raggio
della mia debil vita,
il cielo sol può render
la pace al mesto cor.
Ah! se di troppe lagrime
quest'alma fu nudrita
versino i lunghi palpiti
nell'ultimo dolor.

TALBOT
Dunque innocente?

MARIA
Vado a morir.

TALBOT
Infelice! Innocente tu vai a morir.

MARIA
Sì, innocente, lo giuro, io vado a morir.

TALBOT
Ah! Lascia contenta al carcere, ecc.

MARIA
Ah! Se di troppe lagrime, ecc.,

Maria s'appoggia a Talbot e vanno nell'interno del
Castello mostrandogli sempre il crocefisso



SCENA VI

No. 16 - Inno della morte

Sala attigua al luogo del supplizio. Gran porta chiusa infondo. Notte

FAMIGLIARI DI MARIA
alcuni
Vedeste?
altri
Vedemmo.
tutti
Oh truce apparato!
Il ceppo.., la scure.....
la funebre sala...
e il popol fremente
vicino alla scala
del palco fatale.
Che vista! Che orror!
La vittima attende
lo stuolo malnato.
La vittima regia.
Oh instabile sorte!
Ma d'una Regina
la barbara morte
all'Anglia fia sempre
d'infamia e rossor.


SCENA VII

No. 17 - Gran Scena e Preghiera

Entra Anna

TUTTI I FAMIGLIARI DI MARIA
Anna!

ANNA
Qui più sommessi favellate.

FAMIGLIARI DI MARIA
La misera dov'è?

ANNA
Mesta, abbatuta, ella s'avanza.
Deh! col vostro duolo
non aggravate il suo dolor.

FAMIGLIARI DI MARIA
Tacciamo.


SCENA VIII

Entrano Maria vestita di nero, in gran pompa,
ornata della sua corona; e Talbot


MARIA
ai famigliari
Io vi rivedo alfin.

ANNA, FAMIGLIARI
Noi ti perdiamo!

MARIA
Vita miglior godrò.

FAMIGLIARI
Ah!

MARIA
Vita miglior, sì, godrò.
Contenta io volo all'amplesso di Dio,
ma voi fuggite questa terra d'affanni.

FAMIGLIARI
Il duol ci spezza il cor!

MARIA
Deh! non piangete!
Anna, tu sola resti,
tu che sei la più cara,
eccoti un lino di lagrime bagnato;
agli occhi miei farai lugubre benda,
allor che spenti saran per sempre al giorno.
Ma voi piangete ancor?
Meco vi unite, miei fidi,
e al ciel clemente
l'estrema prece alziam devota e ardente.

Deh! Tu di un'umile preghiera il suono
odi, o benefico Dio di pietà.
All'ombra accoglimi del tuo perdono,
altro ricovero il cor non ha.

ANNA, FAMIGLIARI
Deh! Tu di un umile, ecc.

MARIA
Ah! sì ... Dio!

ANNA, FAMIGLIARI
All'ombra accoglila del tuo perdono, ecc.

MARIA
Fra l'ali accoglimi del tuo perdono,
altro ricovero il cor non ha.

ANNA, FAMIGLIARI
Fra l'ali accoglila del tuo perdono,
altro ricovero il cor non ha.

MARIA
E vano il pianto, il ciel m'aita.

ANNA, FAMIGLIARI
Scorda l'incauto della tua vita.

MARIA
Ah!

ANNA, FAMIGLIARI
Tolta al dolore, tolta agli affanni,
benigno il cielo ti perdonò.

MARIA
Ah! Tolta al dolore, tolta agli affanni,
d'eterno amore mi pascerò.

ANNA, FAMIGLIARI
Distendi un velo su' corsi affanni,
benigno il cielo ti perdonò.

MARIA
Dio! ah! si!
d'eterno amore mi pascerò.
Mi perdonò.

ANNA, FAMIGLIARI
Oh Dio! Pietà! Ah, pietà!
Benigno il cielo ti perdonò.


No. 18 - Aria del supplizio

Si ode nel castello il primo sparo del cannone

FAMIGLIARI
Oh colpo!


SCENA IX

Si apre la porta in fondo, e lascia vedere una scala
grande, alla di cui vetta sono le guardie e gli ufficiali
di giustizia con fiaccole. Cecil viene dalla scala


CECIL
già vicino del tuo morir l'istante.
Elisabetta vuol che sia paga ogni tua brama.
Parla.

MARIA
Da lei tanta pietà non isperai.
Lieve favor ti chiedo.
Anna i miei passi al palco scorga.

CECIL
Ella verrà.

MARIA
Se accolta hai la prece primiera,
ah! altra ne ascolta.

D'un cor che muore reca il perdono
a chi m'offese, mi condannò.
Dille che lieta resti sul trono,
che i suoi bei giorni non turberò.
Sulla Bretagna, sulla sua vita,
favor celeste implorerò.
Ah! dal rimorso non sia punita;
tutto col sangue cancellerò.
Ah! d'un cor che muore reca il perdon, ecc.

TALBOT, ANNA, poi FAMIGLIARI
Scure tiranna! Tronchi una vita
che di dolcezze ci ricolmò.

CECIL
La sua baldanza restò punita;
fra noi la pace tornar vedrò.


SCENA ULTIMA

Leicester e detti, poi lo sceriffo e egli uffiziali di giustizia

TALBOT
Giunge il Conte.

MARIA
Ah! a quale ei viene lugubre scena.

LEICESTER
a Maria
Io ti rivedo.
Perduta, oppressa da ingiuste pene,
vicina a morte...

MARIA
Frena, frena il dolor!
Addio per sempre!

CECIL
Si avanza l'ora.

LEICESTER
Ah! che non posso lasciarti ancora.

CECIL
Si avanza l'ora.

LEICESTER
a Cecil che vuole allontanarlo da Maria
Scostati, o vile!

MARIA
Taci!

LEICESTER
Tremate! Iniqui tutti!
Temete un Dio
dell'innocenza vendicator!

MARIA
Te stesso perdi!

Secondo scoppio di cannone. Scende lo sceriffo col
suo seguito di uffiziali e circondano Maria


FAMIGLIARI
Ah! perché non posso nel sangue mio
spegnere il cieco vostro furor!

CECIL
Fa cenno a Maria d'incaminarsi
E l'ora.

LEICESTER
a Cecil
Vile!

MARIA
a Leicester
Roberto! Roberto! Ascolta!
Si appoggia al braccio di Leicester
Ah! se un giorno da queste ritorte
il tuo braccio involarmi dovea,
or mi guidi a morire da forte
per estremo conforto d'amor.
E il mio sangue innocente versato
plachi l'ira del cielo sdegnato,
non richiami sulI'Anglia spergiura
il flagello d'un Dio punitor.

LEICESTER, TALBOT, poi ANNA, FAMIGLIARI
Quali accenti! Qual truce sventura! Ah!

CECIL
Or deIl'Anglia la pace è sicura, si!

MARIA
Anna, addio! Roberto, addio!
Ah! se un giorno, ecc.

Terzo scoppio di cannone. Sulla scala comparisce il
carnefice colla scure e quattro suoi assistenti vestiti
di rosso


TALBOT, ANNA, LEICESTER, FAMIGLIARI
Innocente, infamata, ella muor.

MARIA
Il flagello d'un Dio punitor.

CECIL
Or dell'Anglia la pace è sicura,
la nemica del regno già muor.

Maria sorretta da Talbot e circondata dalle guardie,
si avvia pel fondo. Leicester si copre il volto colle mani